“Barbara è in sovrappeso e vuole dimagrire. Per 7 mesi ha seguito una dieta ipocalorica. Nei primi 4 mesi era contenta, aveva perso 10 kg, ma con il passare del tempo la perdita di peso si è interrotta. Barbara si sentiva sempre più intollerante alle restrizioni della dieta. In preda allo sconforto ha smesso la dieta e ha ripreso in breve tempo i kg persi in precedenza".
L’esperienza di ripetuti insuccessi nel tentativo di dimagrire è frequente in chi soffre di sovrappeso o obesità.
Non riuscire a dimagrire non è solo un problema per la salute fisica, chi segue una dieta senza ottenere risultati spesso si colpevolizza e si attribuisce la responsabilità del fallimento.
Da un punto di vista scientifico possiamo chiederci invece se le diete siano utili per chi soffre di obesità o sovrappeso.
Nel 2007 una ricerca statunitense commissionata da Medicare (programma di assicurazione medica del gioverno) ha passato in rassegna gli studi sull’efficacia delle diete nel trattamento dell’obesità disponibili fino a quel momento.
I risultati hanno evidenziato che molti di coloro che si sottopongono a diete ipocaloriche riprendono dopo pochi anni più peso di quello che avevano perso.
Le diete non sembrano insomma una strategia efficace per chi ha un problema di peso rilevante, pur restando probabilmente un utile ausilio per chi ha qualche kg di troppo.
Una delle cause potrebbe essere che sono vissute come un’imposizione esterna sopportabile solo per un periodo di tempo limitato. La persona in realtà non cambia il proprio stile di vita e le proprie abitudini.
Questo vuol dire che, se anche riesce a perdere peso con la dieta, poi la sospende e riprende il precedente stile di vita.
Se le diete in molti casi non sono la soluzione, come aiutare chi vuole perdere peso? Di solito si cerca di “aiutare” chi desidera perdere peso con campagne informative o pressione sociale.
Le campagne di informazione e sensibilizzazione possono avere un ruolo importante per la prevenzione ma è molto difficile che siano di aiuto per chi è già obeso o in sovrappeso.
Pensiamo all’esempio delle sigarette, le continue informazioni sul fatto che il fumo fa male non portano le persone a smettere. Per il cibo il principio è lo stesso, posso conoscere quali cibi fanno male e quali dovrei mangiare, posso anche sapere la quantità da assumere ma questo non mi aiuta a mangiare meno a tavola.
La pressione sociale a dimagrire da un lato proviene dai media che propongono l’immagine di una bellezza magra (spesso anche più di quello che è salutare), dall’altro viene ribadita dalle persone che stanno vicino alla persona obesa.
Chi è obeso si sente ripetere spesso “ti farebbe bene dimagrire, dovresti andare in palestra ecc..”
Le pressioni sociali possono talvolta facilitare la creazione di convinzioni irrazionali come ad es. “fino a quando non perdo peso non potrò realizzarmi in niente” con un conseguente rischio di psicopatologie ansiose o depressive quando non si riesce a dimagrire.
Purtroppo sia le diete, che le informazioni e le pressioni sociali hanno aspetti in comune che ne determinano il probabile fallimento: non partono di solito da una comprensione delle cause presenti e remote del problema e non supportano la persona nella creazione di abilità per fronteggiare le difficoltà quotidiane.
Vengono cioè fatte delle richieste alla persona (mangia questi cibi, fai attività fisica, non esagerare ecc..) ma non le vengono forniti strumenti che le permettano di superare i problemi che emergono.
La terapia cognitivo comportamentale è un approccio alternativo che prova a rispondere alle carenze degli approcci visti sopra.
La persona viene seguita con cadenza settimanale per aiutarla a sviluppare l’autocontrollo sulla propria alimentazione e a modificare lo stile di vita in modo che le calorie che brucia superino quelle che assume.
Un supporto psicologico e motivazionale permette di superare le difficoltà nel perseguire gli obiettivi.
In un ulteriore post vedremo quali sono le fasi di un trattamento cognitivo comportamentale dell’obesità.
Dott. Enrico Parpaglione psicologo a Torino